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COME L’ASSISTENTE VOCALE DI GOOGLE (E NON SOLO) CI SALVERÀ LA VITA

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Secondo LoupVentures, l’assistente vocale più efficiente è Google Assistant (88%), a seguire Siri (75%), Alexa (73%) e Cortana (63%). L’assistente digitale di Google, infatti, comprende i quesiti nel 100% dei casi, a differenza degli altri prodotti che presentano una percentuale più bassa.

Bisogna tenere in considerazione che il comportamento di un assistente vocale migliora se lo si utilizza con più frequenza, avendo così più possibilità di ricevere risposte corrette e pertinenti.

L’onnipresenza e l’efficienza degli assistenti vocali come Google hanno diviso in due l’umanità: c’è chi li ama e chi li teme. Non solo Google, ma anche Amazon, Apple, Microsoft e Samsung hanno fatto degli enormi passi in avanti con i loro assistenti vocali, nonostante le varie versioni italiane siano ancora indietro di qualche passo rispetto ai corrispondenti USA. Infatti, chi di noi oggi non conosce o non ha mai usato la ricerca vocale integrata nel proprio dispositivo? Praticamente quasi nessuno.

Vediamo insieme le occasioni in cui diventa utile l’assistente vocale di Google o di altre case produttrici, e come può semplificare le nostre azioni quotidiane in un modo che fino a qualche anno fa sarebbe stato impensabile.

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COME FUNZIONA L’ASSISTENTE VOCALE DI GOOGLE (E GLI ALTRI)

Gli assistenti vocali sono dei sistemi basati sull’intelligenza artificiale (AI) e sul machine learning, capaci di interagire con le persone attraverso dei comandi vocali. Un assistente vocale è in grado, grazie agli algoritmi che lo compongono, di riconoscere la voce delle persone, di attribuire alle parole un significato e rispondere all’input ricevuto. Il comportamento degli assistenti vocali cambia e migliora nel tempo anche grazie al machine learning.

La tecnologia di riconoscimento vocale sta lavorando per migliorare i dialoghi tra le persone e l’operatore virtuale, che appaiono ancora un po’ schematici perché reagiscono scegliendo la risposta tra un set di soluzioni già preconfigurate, e non ancora del tutto basate sulle abitudini degli Utenti riconosciute.

Il primo riconoscimento vocale, che sta alla base degli assistenti vocali, risale al 1952, anno di nascita di Audrey (Automatic Digit Recnognizer), dispositivo per il riconoscimento di singole cifre parlate. Successivamente, nel 1964, IBM presentò Shoebox, calcolatore che risolveva piccoli calcoli direttamente comunicandoli all’apparecchio attraverso un microfono. Solo a partire dagli anni ’80 nacquero le prime società che si occuparono di riconoscimento vocale, mentre negli anni ’90 il riconoscimento vocale arrivò nei call center degli operatori, per aiutare le aziende telefoniche a gestire le chiamate in base all’interazione vocale dell’Utente.

Ed ecco che un player storico come Nuance viene superato da giganti come Amazon, Apple e Google. Windows XP e i primi cellulari degli anni 2000 implementarono questa tecnologia permettendo la dettatura vocale degli SMS o il riconoscimento dei contatti in rubrica per avviare le chiamate. Niente a che vedere con le novità portate dal machine learning e dall’intelligenza artificiale, che hanno consentito la nascita di veri e propri assistenti vocali “tuttofare”, come Siri di Apple, l’Assistente Google, Alexa di Amazon, Cortana di Microsoft e il meno noto Bixby di Samsung.

Eppure l’evoluzione del riconoscimento vocale nei vari device è solo in una fase iniziale, visto che i produttori si concentreranno soprattutto sul rendere più naturali i dialoghi tra l’Utente e il software.

Per configurare un assistente vocale come Amazon Alexa e Google Home serve prima di tutto un device da cui scaricare l’app dedicata e personalizzarlo con tutte le funzionalità desiderate. È inoltre possibile connettere più apparecchi smart tra loro per la gestione di elettrodomestici, sistemi di sicurezza e tanto altro. Ovviamente, sarà necessario disporre di collegamento a internet e di uno smartphone recente.

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Tra le utilità di un assistente vocale, c’è sicuramente la possibilità di fare domande e ottenere risposte, ma è solo la prima delle sue funzioni. Inviare messaggi, ascoltare notizie e musica tramite Amazon Music, Apple Music o Spotify o addirittura video con Netflix e Youtube, seguire ricette e scoprire curiosità, sono alcune delle attività che si possono svolgere con un assistente digitale. Inoltre, gli assistenti vocali sono anche molto ironici: raccontano barzellette, moderano giochi di gruppo, inseriscono i prodotti da acquistare nella lista dei desideri, aggiornano la to do list e intrattengono gli Utenti con conversazioni su argomenti di ogni tipo. E, com’è ovvio che sia, in quando sistema “intelligente” l’assistente vocale si evolve per migliorarsi.

Ma gli Utenti amano davvero questi dispositivi? Uno su due li reputa comodi e i numeri andranno ad aumentare: quattro consumatori su dieci li useranno al posto di app mobile e siti online. Un ulteriore vantaggio derivante dagli assistenti vocali risiede nel ruolo che hanno nella digitalizzazione della popolazione, in particolare degli anziani che preferiscono dettare a voce piuttosto che digitare sullo smartphone.

Se questi sono i vantaggi, però, c’è anche qualche debolezza che caratterizza questo tipo di tecnologie e che desta dei dubbi nei più scettici. Alcuni esperti di sicurezza informatica hanno dimostrato la facilità con cui è possibile manipolare gli assistenti per la casa, come l’assistente Google o Amazon. Esisterebbe più di un modo per spiare le conversazioni private e scoprire le password di altri Utenti, quindi l’aspetto sicurezza è ancora un ambito di cui andranno analizzati i rischi, nella tutela dei propri dati e della privacy delle persone.

SRLabs, l’organizzazione di hacker in questione, ha dimostrato con una serie di video come alcune app apparentemente innocue possano essere utilizzate con secondi e subdoli fini. Ad esempio, quando si chiede qualcosa al proprio dispositivo, esso potrebbe non disattivare il microfono subito dopo, ma mantenerlo aperto e continuare ad ascoltare ciò che avviene nella stanza.

Gli hacker hanno dimostrato la facilità con cui si possono modificare le azioni dell’assistente vocale, per far sì che esso dia finti messaggi di errore, per poi chiedere agli Utenti di pronunciare la loro password e girarla ad altri servizi online. È bene sapere che un assistente non chiederebbe mai una password, ma un Utente ingenuo potrebbe cadere nel tranello.

Queste situazioni sono rese possibili a causa di cosiddetti bug comuni ai sistemi di Amazon e di Google, come quello che consente agli hacker di aggiungere dei caratteri speciali che gli assistenti vocali non pronuncerebbero mai. In questo modo, l’assistente vocale continua a leggere qualcosa di impronunciabile che l’Utente non sente, a microfono acceso, per recepire eventuali comandi inviati senza volerlo.

Ovviamente le aziende si sono sempre assicurate che il nuovo codice rispetti le regole prima di metterlo in commercio, ma fino a poco tempo fa non venivano eseguiti controlli a seguito degli aggiornamenti degli sviluppatori. Oggi, finalmente, i produttori hanno adottato nuove soluzioni per contrastare il problema, anche a costo di escludere momentaneamente alcune funzionalità dei loro device, in attesa di trovare una soluzione che rispetti e tuteli la privacy degli Utenti.

Detto questo, chiunque può installare skill e azioni aggiuntive, estensioni più o meno autorizzate, ma è consigliabile verificare prima l’origine di queste azioni.

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Tutti i principali tipi di assistente vocale, da Google ad Amazon

I campi di utilizzo più rilevanti per l’assistente vocale sono i seguenti:

Prendiamo ad esempio l’assistente vocale di Google, esso si attiva pronunciando un apposito comando (Okay, Google o Hey, Google). Ma non solo Google, esistono anche altri assistenti vocali famosi come Alexa, Siri, Cortana e Bixby. Ciascuno di essi, una volta attivato, è in grado di riconoscere le parole pronunciate dall’Utente, poiché le trasforma in testo grazie alla funzionalità speech-to-text. Grazie all’intelligenza artificiale residente sui server del produttore, l’assistente vocale è in grado di capire la semantica di ciascuna frase pronunciata e di rispondere alle richieste avanzate dagli Utenti.

Se tutto ciò vi sembra sorprendente e fuori da ogni tipo di immaginazione, pensate che tutto questo serve a gettare le basi per dispositivi ancora più intelligenti che combinano gli assistenti vocali con intelligenza artificiale e robotica. Probabilmente arriveremo a confrontarci con dei robot capaci di reagire alle nostre richieste e di risolvere problemi, quindi andando ben oltre il semplice smart speaker che oggi usiamo. Google Duplex, ad esempio, ha già mostrato le potenzialità dell’assistente virtuale come segretario tuttofare che prende gli appuntamenti per conto dell’Utente. Il fatto che l’intelligenza artificiale possa effettuare chiamate e prenotazioni e interagire con l’interlocutore grazie alla sua voce sintetizzata è quanto meno strabiliante.

Google Duplex è ancora utilizzabile solo dagli Utenti statunitensi, ma in Italia potrebbe arrivare prima Translatotron, l’assistente che traduce all’istante da una lingua all’altra.

In attesa di Duplex, in Europa arriverà presto la funzionalità Call screening, che permette all’AI di Google di rispondere alle chiamate e trascrivere tutto in forma testuale.

Sicuramente, una delle situazioni in cui maggiormente usiamo l’assistente vocale di Google o di altri produttori è quando ci troviamo alla guida. Attivare l’assistente digitale e gestire il dispositivo senza dover toccare lo smartphone è l’ideale per situazioni come questa. È possibile attivare l’assistente vocale non solo dall’applicazione sul cellulare, ma anche dal display Android Auto ormai abbandonato da Google. Esso forniva indicazioni stradali, leggeva i messaggi e rispondeva, riproduceva brani musicali e gestiva lo streaming con il solo uso delle istruzioni vocali che riceveva.

Tutte queste funzionalità fanno ormai parte dell’assistente vocale Google Assistant.

Esso, così come anche tutti gli altri più importanti assistenti vocali, permette di gestire i dispositivi intelligenti installati di casa e ufficio (Smart Home vi dice qualcosa?), capaci di collegarsi al Wi-Fi e di abilitare funzionalità fino a qualche tempo fa inimmaginabili. Basti pensare alle prese elettriche o alle lampade smart comandate a distanza, ai telecomandi a infrarossi Wi-Fi gestiti da remoto con un’app.

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In che modo sono collegati l’assistente Google e le routine giornaliere dell’Utente? Si può fare in modo che l’assistente vocale, dopo il nostro Buongiorno, inizi a ricordare gli appuntamenti del giorno (con l’aiuto del calendario), che attivi automaticamente la suoneria del telefono, indichi le previsioni del meteo, faccia partire la riproduzione di un brano musicale e molto altro.

Per restare in tema musicale, gli smart speaker (l’assistente vocale di Google ne è l’esempio più soddisfacente) sono in grado di reagire all’umore dell’Utente proponendo il giusto brano per ogni situazione. Questo è quello che fanno device come Google Home Mini, Google Home e Google Nest Hub, o ancora Apple HomePod di Apple e Echo Dot, Echo Plus, Echo Input, Echo Show ed Echo Spot di Amazon.

Se usate gli assistenti vocali vi sarete sicuramente accorti che a volte questi si attivano in modo errato, ovvero quando non siamo stati noi a richiederlo. D’altra parte, è utile quanto necessario assicurarsi che l’assistente vocale non sia impostato per essere costantemente in ascolto, ovvero è giusto che l’Utente possa personalizzare la privacy del suo dispositivo intelligente.

Anche Lamborghini ha recentemente scelto di far salire a bordo delle sue auto l’assistente vocale Amazon Alexa, dotandola di un sistema di infotainment connesso a servizi digitali quali la climatizzazione, l’illuminazione interna e il riscaldamento dei sedili con il comando vocale, con lo scopo di migliorare la comodità e la sicurezza stradale. Infatti, sarà possibile anche controllare tv e altoparlanti, il cancello di casa, i termostati e perfino le luci.

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